La baita brucia

All’inizio di febbraio il sindaco Lino Oldrini morì improvvisamente. Mentre Furia e i soci erano al cimitero di Giubiano per i funerali, il 4 febbraio 1964, videro un incendio sulla vetta. Partirono immediatamente, muniti di coperte, ma quando domarono le fiamme la baita era distrutta.

Due giorni dopo Camilla Zanzi, direttrice del Parco convocava tutti i soci a mobilitarsi per la pulizia antincendio del bosco nell’area del Parco Riserva Integrale “Leopoldo e Maria Zambeletti”.
Al sindaco Oldrini succedette Mario Ossola, medico tisiologo e assessore comunale delle finanze, poco incline all’azione di Furia. Fu in carica fino al 1977.

Domenica 8 marzo 1964, ore 15-17, colloquio con il notaio Zanzi per sollecitare la stesura definitiva ed urgente (è più di un anno che deve essere fatta!) dell’atto di donazione Zambeletti.
Per diverse sere la casa del notaio fu sotto assedio e finalmente il 24 aprile Furia si recò in Comune per la firma dell’atto di donazione dell’area per la costruzione dell’osservatorio e del Parco Riserva Integrale. Intanto apprendeva che il comune di Luvinate aveva diffidato il comune di Varese a continuare i lavori di costruzione dell’osservatorio in quanto esso rientrava nei suoi confini e non era stata richiesta l’autorizzazione! La patata bollente fu scaricata su Furia, che però si ricordò che l’autorizzazione era già stata richiesta e concessa nel 1961.

Domenica 15 marzo 1964 visita del sig. Vita.

Chang Sai Vita

Domenica 12 aprile 1964, dalle 9 alle 19, pulizia del bosco e grande falò di ramaglie e rovi. Si continuò così per tutta la primavera.

Nel 1964, nel reparto TBC dell’ospedale di Varese diagnosticarono a Furia una metastasi ghiandolare. Fu ricoverato in una casa di cura a Loano e vi trascorse un mese e mezzo, lavorando al volume per la signora Sofia Zambeletti. Il vecchio medico della casa di cura, dopo una lunga visita, concluse che la diagnosi era errata e che si trattava di un problema artrosico – traumatico. Consigliò a Furia di mangiare molto e prendere un po’ di peso.

I lavori edili ripresero in maggio, quando gli operai disarmarono la parte bassa dell’osservatorio. Da tempo gli associati salivano per lavori di pulizia del bosco, i primi trapianti di flora, e per coadiuvare gli operai nel trasporto dei materiali e nella rimozione di macerie. La presenza dei volontari ebbe un effetto positivo sugli operai, che presero a cuore il lavoro di costruzione.
Per prevenire vandalismi o furti, ogni notte Furia pernottava nell’edificio, senza porte e finestre, in compagnia del suo grosso cane lupo Altair e, a turno, di qualche associato associati. Durante la sua prima salita, in motocicletta, Enrico Malnati allestì un telaio di listelli e tela di sacco per chiudere la finestra della stanzetta n.4 dove passavano la notte.

Che c’è lassù ?

Era il tardo pomeriggio del 28 maggio 1964, festa del Corpus Domini. Furia stava bruciando legna vicino al cantiere quando vide giungere dalla mulattiera una signora affannata; era ben vestita e indossava scarpe coi tacchi. Era la nuora di Giovanni Andrissi, e annunciava che l’astronomo desiderava vedere l’osservatorio, ma era malato e si era fermato al piazzale più in basso. Non aveva le forze per percorrere l’impervia mulattiera. Scesero subito incontro a lui, e Furia lo trovò molto sciupato in volto.

Andrissi chiese: Che c’è  lassù? Furia rispose: La specola, la prima parte della cittadella. Andrissi si illuminò di un debole sorriso, scosse la testa e salutò: Ce l’ha fatta! Sono contento, è il primo grande osservatorio popolare d’Italia. Tre giorni dopo Zagar telefonò per comunicare la morte del collega. Furia scese a Milano con Lucio Bossi per il funerale.

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