Dall’Etna a Vetta Paradiso

Nacqui a Catania ai piedi del colle Passarotto, e precisamente nella casa sita in Via Campo Trincerato 5, alle ore 5.20 del mattino del 24 novembre 1924, da mamma Beatrice Papa Furia e Giuseppe Furia. Era un quartiere tra i più poveri della città, chiamato San Cristoforo, zona di ladruncoli e gente disoccupata. Quando mio padre trovò lavoro come meccanico nella vicina fabbrica di laterizi, vissi sino all’età di sei anni al suo fianco, e mi fece visitare ogni parte del grande stabilimento. Alla mia famiglia fu assegnata una casa decorosa dove potevano soggiornare le mie dieci sorelle e fratelli, tutti nati prima di me. La casa aveva un grande pergolato che ci riparava dai raggi cocenti del sole.

A sera, al luccichio delle prime stelle, mio padre tentava di insegnarmi le pochissimi nozioni astronomiche che aveva, e precisamente: “vedi lassù quelle sette stelle che assomigliano a una casseruola? Allineando le stelle più brillanti si incontra una stella di colore giallo oro, quella è la stella polare. E un giorno sarai tu a insegnare a me, perchè io non so dirti altro”. A sei anni, sulle ginocchia di mio padre conobbi la meraviglia sotto forma di tante, tante stelle … (appunti di Chiara Cattaneo)

Appresi la serena confidenza degli affaticati coloni nell’uso della zappa, del piccone, nel manovrare la cavezza dell’asino e i richiami per nome delle vacche che, tornate dalla transumanza mi stupivano sempre per il loro piazzamento allo stesso posto, lungo la mangiatoia ben fornita di fieno, di erba medica, di saggina e carrube. Mia Madre mise al mondo 10 figlie (sei morte), me e mio fratello Filippo, il dodicesimo e il fratellino Guido. L’ultimo arrivato nella desolazione della recessione anni ’30, non potè essere allattato perchè la mamma, ricoverata in ospedale, soffriva atrocemente di un problema polmonare. Imparai a chiedere un tozzo di pane ad altri miseri vicini di casa, e non tutti i giorni Guido ebbe un bicchiere di latte di capra. Morì di stenti. Le sorelle andarono ai parenti sulle montagne delle Madonie. Io e mio fratello (minore di tre anni di me) chiedemmo alla bottega del verduraio i residui della bancarella del mercato. Tornata mamma convalescente, imparai ad aiutarla più che potevo, non trascurando i compiti di scuola, lo studio dei verbi transitivi e intransitivi e la matematica, imparai a fare il bucato e fare cucina. A 13 anni fui colpito dal tifo maltese e fui consigliato di lasciare la Sicilia, il mio clima, il mio paradiso terrestre, affidato ad un signore che da Catania era diretto a Milano. Raggiunsi (Varese) alle sei del mattino, 1 ottobre 1940. Questa città, linda, silenziosa, ricca di ville e giardini, fu un amore a prima vista. Ora a 82 anni l’amo più di prima. (lettera al filosofo Luigi Zanzi).

Trovai lavoro come disegnatore tecnico a Solbiate Arno in una ditta che costruiva munizioni per la marina, proiettili per le corazzate. Poi la guerra e la prigionia a Essen; quando tornai pesavo 42 chili. Ripresi a studiare, di notte alla scuola tecnica Feltrinelli di Varese e di giorno ragioneria, con la speranza di trovare un posto in banca. Per arrotondare facevo il cameriere al Palace Hotel e il giardiniere nelle ville.

Furia fu ospite nella casa di una zia, al primo tornante dove Viale Aguggiari sale per S. Ambrogio. Lavorò dapprima come apprendista meccanico ad Albizzate, fu poi operaio siderurgico dal 1942 al 1943 a Solbiate Arno, studiando da perito meccanico nella scuola media industriale serale Leonardo da Vinci in via Comelico.

Nel settembre 1943 una retata delle SS lo colse e fu deportato in Germania, a Essen. A casa lo aspettarono due anni, e ritornò irriconoscibile, pesava 42 chili. Fu Mons. Proserpio, sua guida spirituale, a scoprire e comunicare alla famiglia che Salvatore era vivo.

Più tardi (1945) ebbi la fortuna di lavorare come disegnatore tecnico sotto la direzione di Ermanno Bazzocchi. Anche se terrone ero assai stimato da tutti gli altri 56 disegnatori. Poi la AvioMacchi chiuse. Ebbi appena il tempo di completare l’assieme in scala 1:1 del carrello di atterraggio del MB308. Nel 1951 la Macchi mi richiamò in servizio grazie a un credito di 360.000 dollari del Piano Marshall. La Direzione Tecnica Ermanno Bazzocchi e il consigliere delegato Eligio Caronni mi vollero nuovamente in forza. Ma dal 1947 al 1951 avevo concorso a 2 posti per titoli e a 2 per esami nell’amministrazione finanziaria dello Stato. Essendo risultato vincitore di tutti e quattro, potei scegliere la sede: l’ufficio atti giudiziari Bollo e Demanio di Varese. (lettera al filosofo Luigi Zanzi).

Furia frequentò i corsi serali dell’Istituto Tecnico Industriale Feltrinelli a Milano e si diplomò nel 1947.

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